Limiti e censure

dicembre 14, 2007

Non sono d’accordo che la satira non debba avere limiti. Credo che sia proprio inconcepibile una satira senza limiti, e mi sorprendo che affermazioni del genere vengano da Dario Fo o da Daniele Luttazzi che dovrebbero esserne grandi conoscitori. Ci sono dei limiti oggettivi: politici, culturali, sociali. Perfino un rischio di passare dei guai. Ed è infrangendo questi limiti che la satira esiste. Nel momento in cui non c’è nessun limite non può esistere satira, non esiste lo spazio per questo dissenso che la satira manifesta.
Il potere costituisce la forma più esplicita di limite della satira stessa. La satira vive del limite che le viene imposto e del modo arguto col quale sa liberarsene. I grandi autori di satira sanno violare tutte le regole in un modo tale perfino da non passare guai (basti pensare ai Viaggi di Gulliver).

Sulla censura ho una posizione di principio e abbastanza radicata. Io credo che la colpa non sia dei censori, ma dei “censiti”, cioè nostra. Perchè noi consideriamo che escludere un comico dalla televisione significa ucciderlo. Consideriamo che esiste davvero dal punto di vista culturale solo quello che c’è in televisione. E ciò che non è in televisione, ai nostri occhi non esite più. E’ colpa nostra allora, se ai nostri occhi nel momento in cui Luttazzi non è più in tv, allora muore.
Cerchiamo di approfittare invece del fatto che nessuno oggi in Italia fucila i comici, (e da questo punto di vista sono d’accordo con Adriano Sofri) o fucila le teste pensanti e andiamocele a cercare, ad ascoltare, a leggere, anche quando non sono tragehttati dalla televisione. Se l’orizzonte culturale di gran parte degli italiani è la televisione è COLPA degli italiani.

Nei casi specifici sono naturalmente contro le censure televisive. Ma in definitiva la televisione oggi è quella lì. E’ un insieme di interessi pubblicitari da una parte e politici dall’altra. Luttazzi sbaglia a dar fiducia alla televisione. Spegnamola e cominciamo a fare altro.