Ripasso settimanale

gennaio 29, 2008

Carissimi amici del martedì, la settimana passata è stata segnata da due dimissioni importanti. Quella di Romano Prodi, che ha lassiato (come direbbe lui) la presidenza del consiglio dopo essere andato sotto al senato al voto di fiducia. E quella di Salvatore Cuffaro, che da sabato non è più governatore della regione Sicilia causa cannoli.
Dopo aver ottenuto la fiducia alla Camera, Prodi ha giustamente proseguito l’iter parlamentare contando uno per uno i senatori che ancora sostenevano il suo governo, ne abbiamo contati 156, compresi alcuni senatori a vita. Mastella alla fine, senza nessuna motivazione politica è stato l’ago della bilancia per demolire questo governo nato traballante, con numeri precari e con alleanze che hanno fatto perdere qualunque senso alla denominazione “centro-sinistra”. Conoscendo la storia politica del collezionista di poltrone, siamo sicuri che Clemente ricoprirà un incarico di rilievo in un eventuale e prossimo Governo di centro destra, non è uno che lascia a perdere, questo lo dice la storia.
Consueto civile scambio dialettico aristotelico dai banchi del Senato: con Castelli che paragona l’orgoglio Prodiano con un discorso di Mussolini al Lirico nel Dicembre del 1944 (“Qualunque cosa accada il seme è destinato a germogliare”). Con Fisichella, che ringrazia sentitamente Rutelli per averlo accolto tra i suoi dopo la rottura con Fini ma che rivendica una certa autorità. “mi permetto di ricordare che non ero e non sono un tizio qualunque cui viene regalato un seggio parlamentare”. Turigliatto, che già prima del voto preparava una sinistra di opposizione perchè “la sinistra ha ingoiato tutto senza riuscire ad ottenere nulla” (che è vero vero vero, ma ora?), e quando vota no viene ricoperto di applausi che paiono beffardi dai banchi delle destre. O il destro Morselli, che cita (male) il “finanzial taim” e afferma che Prodi verrà “sappellito”. Rimarrà alla storia l’intervento di Francesco Nitto Palma (Forza Italia), che si ricorda di essere uomo di legge e parte coi virtuosismi in latino. Anzi, prima in francese: “Après moi, le dèluge” (dopo di me, il diluvio) rimproverando Prodi di prendersi veramente troppo sul serio (“Ella rifiutò, perchè ella si ritiene..”). Poi si scatena: “Dum Romae Consulitur, Saguntum expugnatur” “Obtorto collo”, “Acta est fabula”, “Acta est tragedia”…e via via traducendo “ove mai lei non avesse particolare dimestichezza con il latino”.
Ma il caos esplode alla chiusura dell’intervento del Senatore Cusumano (ex Udeur), senatore dal 1992, ai tempi era DC.Conclude un confuso intervento Cusumato: “Scelgo in solitudine, scelgo con la mia libertà, scelgo con la mia coerenza (…) scelgo per la fiducia a Romano Prodi”. Apriti Cielo.
Dai banchi di An comincia Nino Strano “Cesso, sei un cesso”, “Merda, sei una merda, merda!” E mentre Marini sollecita il senatore Massidda a iniziare in suo intervento nel caos: “Senatore Massidda collabori!! E proviamoci!!” il senatore Barbato, capogruppo dell’Uder, parte di gran carriera “Vergona, Vergogna” mimando un aggressione con tanto di (tentato?) sputo. Cusumato impallidisce e sviene. Seduta sospesa. Mini spot per noi, torniamo subito. Finisce come sapete, 156 a 161, niente fiducia e dimissioni. Con il senatore Nino Strano che si distingue per garbo e rispetto formale delle Istituzioni urlando “Prodi, accattate sta mortadella!” gustandosi una bella fetta direttamente in aula.
E insomma, è andata così. Ora elezioni.

L’altra dimissione celebre, come detto, è stata quella di Totò Cuffaro, che nel dopo sentenza, a caldo, si era detto tranquillo, felice per non essere stato ritenuto un favoreggiatore di Cosa Nostra, e promettendo “non mi dimetto”. Intanto il Ministero dell’Interno aveva avviato un procedimento di sospensione richiesto dalla procura di Palermo, ma Totò anticipa tutti. Si dimette, anche grazie ai pressing di Miccichè (!) e di Dell’Utri (!!), grazie ai cannoli con i quali ha festeggiato la condanna light, e dopo che la sua situazione processuale stava imbarazzando un partito che lavora per un grande centro moderato. O forse no, visto che pare si stia già preparando a diventare senatore. O Parlamentare Europeo. Il problema, ora, è un altro. E cioè il successore di Cuffaro. Chi tra i moderati si aspetta un cambio radicale, una faccia nuova, un nuovo modo di fare politica, più trasparente, meno clientelare, mano baci o strette di mano, probabilmente avrà da ricredersi. Il successore ideale ha una faccia, un nome e un cognome. Si chiama Raffaele Lombardo, e già adesso controlla una miriade di voti nella Sicilia Orientale, con metodi che ricordano molto quelli di Totò.
Scrive Bolzoni su Repubblica “Vengono tutti e due da là (Democrazia Cristiana, NdA) Cuffaro e Lombardo, il primo che farà 50 anni a febbraio e l’altro 58 ad ottobre, tutti e due fedelissimi dell’ex ministro Calogero “Lillo” Mannino, il grande vecchio della Dc siciliana, il loro maestro, il loro prezioso consigliere ancora negli ultimi difficili mesi con un governatore in bilico e un altro in pectore. Tutti e due ex della scuola dai Salesiani, tutti e due medici.
Un altro medico, ex DC e vicino a quegli esponenti della DC sicialiana che entravano e uscivano dai tribunali per processi di mafia.
Una parte della Sicilia (e dell’Italia) ha scoperto che non basta liberarsi di Cuffaro per cambiare il sistema politico siciliano. E questo è solo un esempio dell’incostistenza di quelle proposte di legge che vedono come la panacea di tutti i mali quella di agire esclusivamente dal punto di vista penale e processuale per risolvere problemi culturali, radicati nelle persone, che non si cambiano coi decreti legge.
Fra tre mesi la Sicilia è di nuovo chiamata a votare per eleggere il nuovo governatore. Speriamo che il lavoro di Rita Borsellino e delle forze progressiste in Sicilia sia servito a qualcosa.

Repliche

dicembre 12, 2007

Ho scritto un elogio della volgarità ben temperata: Luttazzi non se n’è accorto. Quanto alla libertà della satira sono d’accordo. Sono addirittura favorevole alla libertà della vita, in generale.
Adriano Sofri

Per scandalizzarmi della guerra, o di quant’altro, in generale faccio da me. Quanto alla “volgarità della satira”, Luttazzi deve aver sbagliato articolo o giornale, non ne faccio cenno neanche in mezza riga. Parlo, piuttosto, di efficacia artistica come unica misura di auto-tutela del satirico. Se Luttazzi crede, mi rilegga e mi riscriva. Anche non risucire più a capire quello che gli altri dicono e pensano è, oltre che un atto narciso, un atto censorio.
Michele Serra

Disaccordi

dicembre 11, 2007

Caro Adriano Sofri,
ieri su La Repubblica mettevi sullo stesso piano le scelte di Franco Turigliatto e quelle di Paola Binetti, inglobandole semplicisticamente in “obiezioni di coscienza”, senza distinguo.
Mi sembra una gran stronzata.

Con affetto.
D.